GIACOMO SAMPIERI - Italy

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Devo sbrigarmi olio su tela cm 100 x 120
 
Emiliano olio su tela cm 80 x 40
 
Una giornata al mare olio su tela cm 80 x 100
Piccola pausa olio su tela cm 90 x 90
 
Sulla strada olio su tela cm 80 x 100
 
Serena olio su tela cm 80 x 60

About his  Art

Criticism


VOLTI, STORIE, RACCONTI PER IMMAGINI.

                         «Non conosco vino migliore

                        di queste giornate di fine inverno,

                        prima di sera Torino si adagia

                        in un lento passeggio».

                                           Giovanni Arpino

 I giorni, le stagioni, i racconti di un’intera esistenza sono i momenti di un tempo legato alla città, alla gente lungo i marciapiedi delle periferie, alle finestre su strade antiche e antichi volti che s’incontrano tra i tavoli di un caffè, nei viali, nelle piazzette.

E questo percorso dal «lento passeggio» diviene luogo della memoria, di incontri, del respiro di una umanità che appartiene alla storia di un quartiere, di un microcosmo di situazioni, di una quotidianità profondamente vissuta e avvertita come emblema ed essenza del vivere, ricordo di voci, gesti, saluti appena accennati e sguardi nella penombra della sera.

E sono gli sguardi del Balon, dei rigattieri e degli uomini sulle porte dei negozi, di un angolo di vita che puntualmente affiora durante i mercatini con le bancarelle ingombre di oggetti, con la volontà di esserci e ritrovarsi.

E sono gli sguardi dei ritratti di Giacomo Sampieri, ripresi dai personaggi del Balon, di un’area che va dall’Arsenale della Pace al Quadrilatero Romano, dalla Bottega San Giors, con i pittori di scuola piemontese, al Temporary Art Cafè e al Pastis di Piazza Emanuele Filiberto con la creatività degli artisti emergenti di «Io Espongo».

In questo ambiente multietnico si è sviluppato il discorso di Sampieri, il senso della sua ricerca, l’attenzione per espressioni, caratteri, gesti, che definiscono la personalità, il ruolo, il rapporto delle sue figure con la vita di tutti i giorni.

Vi è nelle «tavole» il clima del mondo reale, dell’impegno per il lavoro, della piccola imprenditoria, di una società che rivendica una propria dimensione capace di riscattarsi da vicende talora difficili, da una forzata emarginazione.

E Sampieri rinnova di volta in volta il senso profondo di un’appartenenza che unisce l’insegnante Gianni Milano ad Andrea con il negozio di abiti militari, il Bar Trattoria da Elvira ad Angiolina che è l’emblema del Balon, i trasporti di Gianni al modernariato di Santino in via Borgo Dora.

Ognuno di loro emerge con forza dalla tela tra stupore e sorpresa, tra Mario il ristoratore ed Emiliano (che sembra un’attore)con il cane Ugo, in una sorta di narrazione che il tratto incisivo della linea fissa con abilità, con la capacità di definire l’immagine di Anna e quelle di Gino, Beppe, Antonina, Nino, Vivina, Donato, di Carla del Bar Roma e di Monica figlia del «geometra».

E dalla Scuola Holden alla casa di Tullio Regge, dalle fotografie storiche del Balon al «Turet», si «scopre» l’insegna di Pier Carlo Chiavassa e Anna su un manifesto che è storia e segnale e pagine di «Torino è casa mia» dello scrittore Giuseppe Culicchia:«Il Balon appartiene alla categoria dei «luoghi mitici della città di Torino», nonchè a quella dei «luoghi mitici della città di Torino poi diventati luoghi letterari e cinematografici»: grazie al romanzo «La donna della domenica» di Fruttero e Lucentini».

Mentre antiquari, gallerie d’arte, botteghe, diventano spazi per acquistare un abito vintage, un lampadario, una vecchia pendola.

Sampieri è entrato in piena sintonia con questo universo, ne ha tratto sensazioni, emozioni, angosce, speranze, inesplorate intimità.

Ogni scena è dipinta con una naturale riservatezza, con una voluta e meditata misura espressiva, dove le rughe, le barbe incolte, gli occhi velati di tristezza, sono momenti di una visione che è scandita dalle luci dei lampioni e dall’incedere di una donna con una sigaretta tra le dita, con sullo sfondo le case di via Borgo Dora.

I ritratti di Sampieri raccontano e contemporaneamente sono documento di una stagione in cui l’arte non è solo installazioni, fotografie elaborate, materiali di recupero, ma anche e ancora segno, colore, comunicazione di una verità forse mai rivelata.

 Angelo Mistrangelo                                               novembre 2013

 (presentazione della mostra personale “BALON”- Torino)       

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Giacomo SAMPIERI

AMICI RITRATTI (mostra personale presso la Galleria Omnia tempora di Torino)

 La pittura è simbolo ed emblema di quella “technè” intesa nell’accezione etimologica di pratica manuale implicita al concetto originario di arte. Un concetto dove il procedimento mentale, l’ambito elevato relativo al mondo delle idee, per concretizzarsi in una rappresentazione oggettivamente fruibile deve essere in grado di gettare luce sull’esterno per mostrarci le cose della vita nella loro esatta dimensione, nella loro essenza intelligibile, illuminandoci sulla bellezza od anche la negatività di quanto di circonda con quella capacità rilevatoria propria del talento artistico. La pittura è da sempre la casa di tutte le tecniche e di tutti i progetti, luogo eletto da cui traggono origine le manifestazioni sensibili dell’arte, ed è per questa sua natura che ha saputo attraversare le epoche della storia mantenendo sempre, nei casi migliori, la sua carica di espressività. Un’opera fortemente caratterizzata dall’uso dello strumento pittorico come quella di Giacomo Sampieri trova il suo inquadramento e la sua ragion d’essere nella stagione attuale, all’interno di cui è in grado di offrire un contributo di assoluta originalità, non contraddetto dall’uso di strumento solo all’apparenza tradizionali come la tela ed il colore ad olio. Dalla sua antica vocazione alla rappresentazione mimetica della realtà naturale la pittura è stata in grado, di recente, di mutare la sua veste narrando con grande capacità poetica ed evocativa le inquietudini di un mondo in rapida mutazione. Quindi, accanto a coloro che praticano questa tecnica come viatico per una narrazione in presa diretta degli stereotipi che affollano la nostra quotidianità metropolitana, gettando nuova luce su squarci ed inquadrature di angoli riposti e trascurati della post modernità, o ad altri che, all’opposto, tendono a demistificare con ironia le sfavillanti ed effimere icone mediatiche da cui siamo circondati, esiste una terza posizione, caratterizzata dal riappropriarsi del gusto di una manualità lenta e calligraficamente precisa, da una “perdita di tempo come perdita del tempo”, per adoperare una terminologia di John Ruskin e da una vena fortemente simbolica, dove il reale sfuma in una dimensione “altra”. La pittura di Giacomo Sampieri si pone sostanzialmente al centro del crocevia di stili prima elencato. L’apparente inattualità della sua tecnica, decisamente lontana da qualsiasi volontà di contaminazione con l’oggetto o del ricorso al viatico fotografico e digitale, peraltro assolutamente legittimo in altri casi,  nulla fa perdere all’intensa carica emotiva delle sue opere, profondamente radicate nel qui ed ora. Due sono i temi centrali dell’arte di Sampieri. Il primo è senza dubbio il corpo, con particolare attenzione verso quello femminile. La poetica del corpo ha goduto di una ampia ripresa di interesse nell’ultimo quindicennio, inquadrata all’interno di un esteso tentativo di ricostruire un’identità individuale sottraendola alla frammentazione ed all’alienazione della società dall’eterno presente. Le donne di Sampieri sono ritratte in momenti significativi della loro intimità, con un particolare riguardo alla plasticità dell’ anatomia. Sono soggetti intenti a competere in una società per taluni aspetti complice, ma per molti altri ancora ostile, e l’artista è in grado di cogliere questo loro dividersi tra la sfera del pubblico e del privato e la volontà di imporre la propria personalità, fatta di sensibilità e determinazione. Di particolare effetto il ritratto, di rara espressività e non a caso vincitore del Premio Arte Mondatori 2008, ed intitolato “Mrs Giant”, dove una attempata signora anglosassone, colta sotto i ferri della parrucchiera, rivolge uno sguardo stupito ed ammiccante verso l’obiettivo, con uno spessore ed una intensità formali che la semplice fotografia difficilmente sarebbe riuscita ad ottenere. Ed è proprio il ritratto l’altro tema principe della poetica di Sampieri, oggetto della personale “Amici ritratti” presso la galleria Omnia Tempora di Nino Dell’Aquila. Parlando di permanenza della tradizione nella contemporaneità nulla è più significativo di questo genere, che ha conosciuto numerose varianti con l’alternarsi dei cicli storici e sociali. Da un punto di vista semantico il ritratto designa la riproduzione delle fattezze di persone con modalità tali per cui l’opera tenda ad essere una copia speculare dell’originale o comunque ne esalti le caratteristiche caratteriali e spirituali al di là delle impostazioni iconografiche e della tecnica usata caratteristica , quest’ultima, dell’arte tardo moderna e contemporanea. I ritratti di Sampieri tendono a sposare la causa della verosimiglianza, ma con caratteristiche tutt’affatto personali ed aliene da qualsiasi semplificazione iperrealista. L’artista si sofferma sul volto dei soggetti prescelti, tratti dalla cerchia delle sue amicizie e semplici conoscenze, ponendolo in una posizione tale da sovrastare con la testa il fruitore. Ne risulta uno sguardo compiaciuto ed ammiccante, che davvero fa intuire i tratti distintivi della personalità dei singoli, ed avvolge il fruitore in un abbraccio di morbida complicità, come se l’individuo si rivelasse, caratterialmente, una sorta di parte per il tutto e la sua espressione racchiudesse in sé l’universalità pur mantenendo inalterate caratteristiche assolutamente personali. Le personalità ritratte da Sampieri, tutte o quasi affratellate da un vissuto torinese familiare a molti, si rivelano, nei frequenti casi di conoscenza comune, in grado di sprigionare energie prima scarsamente denotate e nella circostanza sorprendenti, come nel caso degli artisti Santo Leonardo e Francesco Preverino e dello stesso Nino Dell’Aquila. Ma anche volti con ogni probabilità ignoti si manifestano con una forza tale da farli apparire familiari, in virtù di quel concetto di universalità prima accennato. Da queste considerazioni traspare evidente la capacità non comune di Sampieri nell’impiegare strumenti e tecniche antiche per dare un senso e per narrare la nostra esistenza all’interno dell’eterno presente della attuale “modernità liquida”,  vissuta sempre con l’anelito di infrangere barriere e limiti temporali per avventurarsi più in là e costruire il futuro.

 Edoardo Di Mauro

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GIACOMO SAMPIERI – “Guardami” (mostra personale presso la Galleria Bianca Maria Rizzi – Milano)

 

Giacomo Sampieri appartiene alla categoria -ammesso che nell'arte del nuovo millennio sia ancora possibile ragionare per categorie- dei cosiddetti nuovi pittori della realtà. Il realismo, in pittura come negli altri media «figurativi», rappresenta una cifra immortale perchè attinge direttamente dal vivere quotidiano e questa è la ragione principale per cui non smette di emozionare. Ciò che accomuna artisti come Sampieri ad altri di epoche e blasoni differenti, è la poetica del racconto, quel racconto che si basa sull' hic et nunc della società che ci contamina con i suoi codici e suoi paradigmi. Era così, con le doverose proporzioni, per molti artisti a cavallo tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento come Henri de Toulouse - Lautrec, Giovanni Boldini, Giovanni Segantini e così anche per artisti del dopoguerra come Edward Hopper, Francis Bacon, Lucian Freud. In questi artisti della realtà prevale essenzialmente un filo conduttore, vale a dire un'aura narrativa che pervade lo spazio e la rende palpabile al di là della scena. Anche nei "ritratti di vita" di Giacomo Sampieri, la narrazione corre sempre su due livelli. Il primo è puramente rappresentativo nello «scatto fotografico» di dettagli della realtà più ordinaria. L'occhio dell'artista si sofferma, con freddo voyerismo, su gesti intimi e banali: due donne mentre chiacchierano in bagno dopo la doccia, le effusioni di una coppia immersa nella vasca, i dettagli di corpi discinti in una stanza d'albergo. Gesti di ordinario esibizionismo e che sottendono relazioni caratterizzate dal narcisismo predatorio della società contemporanea.

Il secondo livello percettivo riguarda invece l'energia dell'opera derivante da un'aura sottile e silenziosa che pervade la scena. L'aura è quella di una sottile e silenziosa inquietudine che, travalicando la patina glamour, avvolge uomini e donne nell'atto di mettersi in mostra, e che annichilisce l'erotismo sotteso. I suoi frammenti di rappresentazione paiono legati l'uno all'altro da un intreccio di solitudini, da quel baratro di incomunicabilità che rappresenta il vero leit motiv della società contemporanea e che sempre più trova sfogo nelle relazioni "on line". In questo senso, parlando di Sampieri, possiamo riferirci a quel realismo esistenziale e metafisico che ha sempre avuto maggior spazio nelle epoche caratterizzate da una cultura positivista. Ciò che colpisce, dunque, non è tanto la scelta dei contenuti e dei soggetti raffigurati, quanto la vitalità della scelta pittorica, che pare dotata di una propria realtà e di una pura essenzialità.

Quella di Sampieri è una pittura istantanea ed implica un tempo che si concentra sulla dimensione del momento attuale, privo di passato e di futuro. I suoi quadri hanno inquadrature non frontali, hanno spesso pochi colori e propongono una prospettiva priva di profondità per marcare la loro dimensione assoluta nel presente. Presente che per restare tale deve essere in continuo movimento, sfuggire, non farsi catturare. Anche l'erotismo, nelle sue opere, diventa un bene di consumo, assimilato con la stessa voracità con cui si mangia un hamburger, si beve una Coca Cola o si legge un fumetto. E, come per tutti i miti, l'immaginario collettivo lo carica di simboli per esorcizzarlo: scarpe con tacchi a spillo, reggicalze, un trucco pesante, indumenti sexy. Con ironia e freddezza, l'artista attinge a questo repertorio utilizzando una gamma cromatica a volte accesa altre volte più sfumata, ma sempre con immagini appiattite da una luce artificiale che rende le sue mute figure come sospese nell'attesa di un disperato sguardo di riconoscimento. 

Mimmo Di Marzio